Investire per crescere, sempre, la ricetta di resilienza dei Butticè

Investire per crescere ecco la ricetta di resilienza e le strategie dei Butticè del ristorante Il Moro
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«In questi due anni di crisi generalizzata abbiamo continuato a investire per crescere nonostante le chiusure e nonostante le difficoltà» questo il messaggio che Vincenzo Butticè lancia dalla sala del ristorante Il Moro, a Monza, locale che gestisce assieme ai suoi fratelli Antonella e Salvatore.

Al ristorante Il Moro passione, tradizione e innovazione si fondono per dare vita a un servizio all’insegna della cura e dell’attenzione a 360 gradi. Cura verso le materie prime, il menu e ancora di più verso il cliente. L’attenzione che i tre fratelli siculi mettono nella ristorazione non si ferma in cucina o in sala: anche i loro dipendenti, in quanto membri della squadra, vengono messi sempre al primo posto.

Un esempio di resilienza e lungimiranza

Abbiamo deciso di intervistare uno dei clienti di RepUP, Vincenzo della famiglia Butticè, perché quello dei gestori de Il Moro rappresenta un esempio particolarmente significativo di resilienza e lungimiranza anche nei momenti più difficili. Tra le parole di Vincenzo che ci hanno colpito di più c’è una frase: «Bisogna sempre continuare a investire per crescere e pensare al futuro, anche nei momenti bui: chi si ferma è perduto».

Può sembrare scontato ma non lo è. Spesso, quando le cose vanno male, per natura l’uomo cerca di “conservare quello che è riuscito a costruire” o addirittura “si tirano i remi in barca”. Invece, prepararsi a lavorare di più e meglio è una strategia che spesso si rivela vincente. Ma lasciamo la parola a Vincenzo…

Qual è stata la risposta de Il Moro a chiusure forzate e restrizioni?

Nel periodo immediatamente precedente al lockdown avevamo già programmato l’investimento in un’altra azienda, per aprirci alla somministrazione commerciale tradizionale. Nella nostra testa c’era l’idea di offrire una seconda linea di prodotti, con un prezzo inferiore rispetto alla carta del ristorante e in ottica più smart, qualcosa da consumare al tavolo, come in un bistrot. Con l’avvento della Pandemia, non appena è stato possibile, abbiamo trasformato l’attività aggiungendo il take away, affiancando la consumazione al tavolo. Così abbiamo potuto comunque continuare a lavorare sia nei momenti di chiusura più pesanti sia quando ristoranti e locali hanno potuto aprire solo attenendosi a regole molto stringenti. E siamo andati incontro all’esigenza delle persone di concedersi un buon pranzo o una buona cena pur “restando a casa”.

Stessa cosa abbiamo deciso di fare per l’azienda ammiraglia, Il Moro. Anzi: con il Moro abbiamo creato qualcosa di diverso per rispondere alle disastrose conseguenze della Pandemia e sentirci più vicini ai nostri clienti. Abbiamo aperto una vera e propria bottega di vicinato, nella quale si potevano acquistare sia gli ingredienti usati nella cucina de Il Moro sia piatti pronti cucinati dalla nostra brigata, in delivery o in modalità take away. E poi abbiamo pensato a un modo per entrare nelle case delle persone.

In che modo siete entrati nelle case dei vostri clienti?

Abbiamo confezionato dei menu completi, proposti con una formula originale. Ai clienti consegnavamo, assieme agli ingredienti, delle istruzioni modello Ikea, molto semplici, adatte anche a chi non è un cuoco provetto (semplificando quindi le preparazioni che siamo abituati a fare in cucina). Oppure offrivamo delle videochiamate a chi acquistava, per spiegare in tempo reale l’esecuzione dei piatti. Una proposta che abbiamo chiamato Lo chef in streaming.

In questo modo abbiamo ricreato dei momenti di socialità e convivialità oltre ad abbassare la probabilità di errore… Le persone hanno risposto molto positivamente a questa proposta. Credo, soprattutto, perché siamo riusciti a far sentire a proprio agio pure chi non è un mago in cucina. Oggi la Bottega è ancora aperta e offre in più, rispetto allo scorso anno, anche prodotti di pasticceria. Mentre lo Chef in streaming è per così dire in pausa. La ragione è solo una: abbiamo poco tempo, ma non escludiamo di poter trovare il modo di tornare a proporlo in futuro. In ogni caso continuiamo a prenderci cura a 360° dei nostri clienti non solo durante la loro esperienza al Moro ma anche dopo.

In che senso vi prendete cura dei clienti quando escono dal ristorante?

Mantenendo un contatto con loro attraverso la risposta alle recensioni. Poiché non avevamo il tempo di rispondere velocemente e con la giusta attenzione a tutti i commenti in prima persona, abbiamo selezionato i professionisti di RepUP per farlo al posto nostro.

Secondo noi dedicarsi un pranzo o una cena a Il Moro deve garantire gli stessi benefici, in termini di benessere psicofisico, di tre ore passate in una Spa termale. Il nostro obiettivo condiviso è quello di far sentire ogni persona che entra a Il Moro al centro delle nostre attenzioni. Ogni singolo cliente, a prescindere da chi è, dalla sua estrazione sociale, dal suo lavoro, diventa per noi un valore aggiunto e lo trattiamo come tale. Quando le aspettative del cliente vengono soddisfatte, la recensione che segue di solito è positiva. Sui nostri profili, infatti, abbiamo al 98% recensioni ultra positive. Ma avevamo comunque bisogno dell’aiuto di un team di professionisti per rispondere a questi commenti e ottimizzare i profili online, perché ci teniamo a fare tutto nel modo migliore possibile, mostrando attenzione e cura per il cliente anche quando ormai ha lasciato il nostro ristorante. Primo perché ci teniamo davvero, secondo perché è un modo per fidelizzare, terzo perché così si attirano nuovi avventori. RepUP ha avuto la capacità di comprendere i valori della nostra famiglia e riesce a trasmetterli in ogni singola risposta.

Come nasce la vostra avventura a Il Moro?

Io, Antonella e Salvatore siamo cresciuti a Raffadali, in provincia di Agrigento: un piccolo paesino poco distante dalla Valle dei Templi e dalla Scala dei turchi, tra vigneti, mandorleti e uliveti.

Nell’azienda agricola di famiglia si coltivavano, oltre agli ulivi, ortaggi, cereali e leguminose. Fin da bambini abbiamo imparato cosa fossero i cicli stagionali e abbiamo potuto apprezzare l’importanza di rispettare la natura. Siamo cresciuti imbevuti di cultura siciliana e i nostri genitori ci hanno raccontato e mostrato il valore della sicurezza e tracciabilità della filiera alimentare

Il Moro di Monza è letteralmente il coronamento di un sogno condiviso. Nato nel 1996, quando lo abbiamo rilevato nel 2007 era già apprezzato come ristorante tipico di specialità di mare. Abbiamo scelto di mantenere il nome, che ci sembrava più che mai in linea con il nostro progetto e con quello che siamo, siciliani, Mori di nome e di fatto.

Il nome è rimasto, cosa avete cambiato invece?

Ovviamente abbiamo modificato l’offerta, perché rispondesse al nostro ideale di ristorazione, proponendo una cucina gourmet esplicitamente ispirata alla tradizione siciliana. Nel nostro menu c’è un piatto, i paccheri al pesto di pistacchio e gamberi, che possiamo definire iconico. Riassume cioè quello che vogliamo trasmettere e che abbiamo assorbito fin dall’infanzia: passione, tradizione, attenzione alle materie prime… I pistacchi usati nel piatto sono coltivati ancora oggi dai nostri genitori.

Ma all’interno della carta c’è spazio anche per l’innovazione e gli accostamenti originali, come avviene con il riso zafferano, ricci di mare e caffè

L’ambiente stesso de Il Moro racconta questo connubio tra antico e moderno. L’arredamento classico, infatti, è inserito in una sala elegante arricchita da quadri d’arte contemporanea. È importante che ci sia coerenza in tutti gli elementi del format ristorativo. 

Il ristorante è un’azienda e per fare le cose come si deve bisogna essere precisi, avere le idee chiare e tutte le competenze che servono. Ecco perché ognuno di noi si è specializzato in un aspetto della conduzione di un’azienda ristorativa. Io mi sono focalizzato sul management, mio fratello Salvatore ha studiato tutto quello che riguarda la conduzione tecnica e operativa (la cucina, la pasticceria) mentre nostra sorella Antonella ha optato per un percorso mirato su hospitality e sommellerie.

Quali sono i prossimi investimenti in programma?

Nonostante la crisi e il lungo stop dei ristoranti abbiamo continuato a investire per crescere e continueremo a farlo. Abbiamo investito su di noi, sei anni fa, sia in termini di formazione sia di budget messo a disposizione nostra e dell’azienda, ma abbiamo pure investito e continueremo a farlo anche sul personale de Il Moro. Ad esempio abbiamo dedicato a tutto lo staff la presenza di un coach per sei mesi, con un duplice obiettivo. Primo migliorare gli standard di relazione all’interno del gruppo e con l’esterno (clienti, fornitori ecc.), secondo aumentare il livello di consapevolezza.

Tra le altre azioni intraprese, abbiamo assunto una madrelingua inglese per tre mesi, che ha affiancato le nostre risorse così da regalare loro una maggiore scioltezza con l’inglese. Questo sia per il personale in sala sia per quello in cucina.

Il prossimo passo sarà quello di portare in azienda un facilitatore digitale, che affiancherà tutto il personale nello sviluppo di competenze legate alle nuove tecnologie, ciascuno nel proprio ambito.

Non si smette mai di imparare e di crescere. E ovviamente per farlo è essenziale investire e credere nel futuro.

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