Gestire il ristorante: quando serve l’aiuto di un consulente

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L’esperienza personale accumulata dietro ai fuochi o in campo manageriale può non bastare per garantire il successo al nostro locale. A volte è necessario l’intervento di un consulente esterno per gestire il ristorante al meglio. Non c’è niente di male a chiedere aiuto, anzi, denota intelligenza e lungimiranza. A patto di scegliere bene a chi affidarsi. Il nostro ristorante è un’azienda, ma le regole da seguire perché tutto vada per il meglio sono diverse da quelle che valgono per le altre aziende. Potremmo non conoscerle perché abbiamo sempre lavorato in settori differenti. Oppure, al contrario, potremmo essere molto esperti di alcuni aspetti della ristorazione, sapere come si crea un buon menu e come si scelgono le migliori attrezzature, ma scoprirci completamente a digiuno in fatto di economia aziendale.
Un locale è un’azienda diversa da tutte le altre
Gestire il nostro ristorante è uno dei lavori più difficili al mondo perché richiede competenze trasversali: dalla stesura del business plan all’organizzazione del personale di Sala. Non è un mestiere, è tanti mestieri insieme. Ecco perché abbiamo scelto di fare quattro chiacchiere con Roberto Carcangiu, uno dei maggiori esperti nella risoluzione delle crisi dei ristoranti, dal punto di vista organizzativo e finanziario.
Chi è Roberto Carcangiu
Roberto Carcangiu conosce le cucine di tutto il mondo. È passato da quelle modeste delle mense di paese e delle “bettole”, dove ha fatto la gavetta oltre 40 anni fa, ai ristoranti più prestigiosi, compresi diversi pluristellati. Ha cucinato e diretto brigate di cucina ovunque, in Italia e all’estero. Oggi è direttore didattico del Congusto Gourmet Institute e Presidente dell’Associazione Professionale Cuochi italiani (APCI). Ma soprattutto, da circa 20 anni, si occupa di offrire la sua esperienza a tutti i ristoratori che vogliano migliorare il proprio business. Da chef affermato ha imparato sulla propria pelle cosa funziona e cosa no per gestire il ristorante. Difficile circoscrivere il suo campo d’azione. Carcangiu si definisce un R&D cooking director, ma forse è bene precisare che Roberto è (anche) un restaurant management & financial consultant. Una figura trasversale che ha competenze sia tecniche sia teoriche nel campo della realizzazione, dell’organizzazione e della promozione di un locale. Con un forte orientamento al problem solving. Cioè? Quando c’è una crisi o quando gli affari non decollano, una figura come quella di Carcangiu interviene per trovare insieme al gestore la ricetta risolutiva.
D – Roberto, ci racconti della tua esperienza di consulente a livello manageriale?
R Ogni volta il film è diverso ma le regole che determinano la trama sono sempre le stesse. Chi nuota, cercando di non affogare in balia di onde troppo alte, non riesce a capire che la spiaggia è poco più avanti. Se si è in difficoltà è facile andare nella direzione sbagliata. La domanda che mi sento rivolgere più spesso dai ristoratori (purtroppo) non è: “Dove sto sbagliando?” Si chiedono piuttosto perché i clienti non stiano capendo la loro offerta. Pensano che non è stato recepito quanto sono bravi. Si domandano cosa potrebbero fare gli altri (i fornitori, il personale) per aiutarli. In questo modo è impossibile rimettersi in carreggiata.
Farsi le domande giuste è il primo passo per risolvere i problemi del ristorante
Un consulente che sa fare il proprio mestiere interviene molto spesso sull’organizzazione delle risorse umane. Così facendo, nella maggior parte dei casi, gli aspetti tecnici che non funzionano vanno a posto da soli, di conseguenza. Quando però il cuore del problema è di tipo tecnico l’elemento discriminante è la tempistica: il consulente deve essere coinvolto prima che il processo di “morte aziendale” sia irreversibile.
In caso di problemi tecnici il tempismo è fondamentale
Se è troppo tardi non si può fare nulla. L’aspetto negativo del mio lavoro si manifesta molto spesso quando un ristoratore non riesce ad affrontare una diagnosi infausta: da clienti fiduciosi, i gestori che capiscono che non c’è niente da fare per salvare il ristorante si trasformano in nemici. Talvolta voltano le spalle al consulente anche quando tutto è andato bene, perché pensano che il problema sia risolto e che non ci sia più nulla di cui preoccuparsi. La gestione del ristorante, però, andrebbe curata dal punto di vista manageriale con continuità. Non basta un intervento una tantum.
Per ottenere i risultati migliori ci vuole un progetto strutturato di collaborazione con il consulente
Quando i ristoratori troncano il rapporto di lavoro anzitempo perché le cose vanno molto meglio resto amareggiato. Non certo per il risultato positivo ottenuto (ne sono felice!) ma per gli obiettivi che si potrebbero raggiungere applicando una visione di medio/lungo termine. Senza rompere il rapporto di fiducia.
D – Qual è il tuo modus operandi?
R Di regola articolo il mio intervento in tre fasi consecutive. In un primo momento incontro una o più volte l’imprenditore e mi faccio spiegare quali sono secondo lui i problemi del suo ristorante. Successivamente mi accordo con gli operatori che lavorano nel locale per realizzare delle interviste, il cui contenuto resta riservato. In questo modo mi faccio un’idea precisa e veritiera sulle differenze di percezione tra gestore e forza lavoro. Infine, metto a punto un piano strategico completo di tempistiche e modalità d’azione, per arrivare alla soluzione voluta. Ovviamente confrontandomi con le aspettative e le possibilità del ristoratore.
D – Quali sono gli errori più comuni che commettono i ristoratori?
R Hanno troppa fiducia nei fornitori e stilano business plan poco realistici o inadeguati, ai quali poi si affidano ciecamente. E ancora, scelgono nel modo sbagliato gli operatori. Pensano che il loro personale buon senso sia legge e verità assoluta: molti acquistano attrezzature troppo costose e sovradimensionate. Alcuni si lanciano in grossi investimenti iniziali assolutamente irrecuperabili. Altro grave errore è quello di stilare contratti con fornitori e consulenti senza prevedere penali in caso di mancato rispetto di quanto pattuito.
D – Quali consigli puoi dare a chi avvia un ristorante?
R In rete e in libreria esistono centinaia e centinaia di manuali sull’argomento. Ma non servono a molto. Non possiamo decidere qual è il capo di abbigliamento consono a un appuntamento se non conosciamo l’occasione, la location e lo scopo dell’evento. Dovremmo affidarci a un colpo di fortuna. Quando si apre un ristorante la scelta da fare segue gli stessi principi. In un mercato dove gli utili di impresa (non i fatturati) sono risicati, bisogna muoversi con cognizione di causa e progetti specifici. Invece, troppo spesso si aprono ristoranti sulla spinta della propria passione e sulla base di intuizioni non supportate da alcun fatto o ricerca. Il mio consiglio è quello di pianificare con cura l’apertura. Sembra banale e invece non lo è. Va fatto uno studio di settore. E se si scopre che il luogo immaginato non è quello giusto, o il tipo di ristorante che si vorrebbe aprire è troppo costoso (ad esempio), o il business plan ha delle falle, è importantissimo fare marcia indietro prima di investire.
D – Quando il ristorante vive un momento di crisi cosa deve fare il ristoratore?
A questo proposito ho un mio vademecum per gestire il ristorante in tempi difficili. Alcuni consigli sono sempre validi e relativi all’atteggiamento nei confronti della gestione del ristorante e del proprio lavoro in generale, ma altrettanto importanti di quelli più concreti…
- Mai pensare di essere più furbo degli altri.
- Comprendere che il denaro è qualcosa di oggettivamente misurabile, mentre la qualità gastronomica non lo è. Quando si progetta il menu questo aspetto deve essere sempre tenuto a mente. E anche mentre ci si relaziona con il cliente.
- Ricordarsi che se gli affari stanno andando male è necessario fermarsi immediatamente per capire cosa sta succedendo e come rimediare. Andare avanti “sperando che passi” è deleterio. Ci sono degli strumenti di misurazione e valutazione che si possono usare.
- Ripetersi continuamente che chi ci vende qualcosa, di qualsiasi natura essa sia, non è un amico o un conoscente simpatico, ma un professionista che sta piazzando il proprio prodotto. Quindi farà il proprio interesse (spesso costretto a barare da un mercato ormai folle). La scelta di un consulente deve basarsi sulla discriminante delle competenze, mai sul prezzo e basta. E neppure sulla simpatia che un professionista ci ispira o meno.
- Tenere bene a mente che consulente e chef sono due figure diverse. Lo chef non può intervenire nelle crisi del ristorante, deve pensare alla cucina.
- Ascoltare attentamente il consulente, soprattutto sugli argomenti tecnici che non conosce. Non c’è niente di male. Ascoltando si impara.
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