Food Cost: come calcolarlo e gestirlo al meglio

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Un accurato controllo del Food Cost è indispensabile per stabilire il giusto prezzo finale di una portata. Si tratta del valore percentuale che esprime il rapporto tra il costo delle materie prime impiegate nella preparazione di un piatto e il prezzo a cui il piatto viene venduto. Nell’ottica di ricavare un buon profitto dal proprio ristorante è importante conoscerlo. Serve a scongiurare il rischio di perdere denaro nella realizzazione di piatti poco profittevoli.
La formula per ricavare il Food Cost, a prima vista, è semplice:
Food Cost = Costo del piatto / Prezzo di vendita x100
Ma dietro a questo calcolo, apparentemente banale, c’è molto di più. Innanzitutto, va detto che il costo reale del singolo piatto è difficile da determinare perché non è influenzato solamente dalla spesa per le materie prime. Inoltre, pur volendosi fermare, per approssimazione, alla sola spesa sostenuta per i diversi ingredienti, stabilire il costo del piatto in maniera esatta, tenendo conto degli scarti di lavorazione e della stagionalità di alcuni prodotti, può essere tutt’altro che immediato. Ecco spiegato perché esistono diverse scuole di pensiero in merito al controllo e alla gestione del Food Cost. Cerchiamo di fare chiarezza.
Il costo reale del singolo piatto è difficile da determinare perché non è influenzato solamente dalla spesa per le materie prime
L’apparenza inganna
Facciamo un esempio concreto: 90 grammi di penne di grano duro conditi con pomodorini freschi costano di fatto pochissimo, circa 50 centesimi di euro. Un piatto di questo genere, a seconda del ristorante, viene offerto al cliente finale a un prezzo che varia tra i 6 e i 10 euro. Il guadagno apparentemente è buono. Se calcoliamo il Food Cost applicando la formula enunciata in questo articolo e scegliendo dei valori medi, otteniamo
Food Cost= 0,50 euro / 8 euro x 100 = 6,25%
Più è basso il Food Cost, maggiore sarà il nostro guadagno. Ma questo risultato dovrebbe accendere nelle nostre teste una lampadina: persino il più semplice dei piatti di pasta costa qualcosa di più di quei 50 centesimi che abbiamo inserito nella formula.
Come abbiamo già sottolineato in altri articoli, le materie prime non rappresentano mai il costo maggiore per un ristorante. Per mettere in tavola quel piatto qualcuno si è preoccupato di lavare e tagliare i pomodorini e ci saranno stati degli scarti. Il sugo fresco è stato preparato prima dell’apertura del ristorante e conservato in frigo. Dopo aver scolato la pasta, il condimento e le penne di grano duro sono stati saltati in padella da un cuoco e infine impiattati con basilico e olio del lago di Garda aggiunto a crudo. Intendiamoci: questo tipo di piatto è comunque profittevole. Ma il suo costo comprende tanti altri elementi oltre ai due ingredienti di base che lo compongono. È fondamentale non fermarsi alle apparenze, altrimenti si rischia di fare errori che potrebbero mettere a rischio la sopravvivenza del ristorante. Ma allora cosa c’è davvero dietro la preparazione di un piatto?
Costo percepito e costo reale
Quando si valuta il costo effettivo delle materie prime è bene valutare attentamente il dispendio di soldi ed energie che quell’ingrediente porta con sé. È chiaro che delle buone cime di rapa surgelate costeranno a listino circa 8 euro al chilo, mentre fresche si possono trovare a meno di 1 euro al chilo, almeno nella stagione giusta. Se optiamo per il fresco senza fare altri ragionamenti, però, potremmo andare fuori strada.
Spesso è meglio spendere di più in una materia prima che richiede una minore lavorazione
Quanto lavoro ci vuole per preparare le cime fresche, a partire da lavaggio e sfrondamento? Quanto scarto avremo? Quando si valutano i costi delle materie prime bisogna tenere presente sia il valore lordo sia quello netto. La maggior parte degli ingredienti che si utilizzano in un ristorante, a seguito del procedimento di lavaggio, pulizia, taglio, eccetera, diminuiscono di peso, talvolta sensibilmente. E alcune, come le verdure a foglia, si riducono moltissimo in fase di cottura. Per assurdo, il filetto ha un costo di partenza inferiore perché lo si utilizza tutto, pur costando tanto all’origine. Ingredienti di qualità superiore che ci evitano di eliminare parte del prodotto o comunque articoli pregiati che implicano poca differenza tra lordo e netto del peso, sono da preferire. Pur costando tanto al chilo, possono rendere molto di più di prodotti meno cari ma che necessitano di tanta pulizia e producono molto scarto.
Questo ragionamento vale anche per il passaggio tra crudo e cotto. Di quanta materia prima abbiamo bisogno per la realizzazione di un piatto? Il peso netto di un certo ingrediente che resa mi garantisce? Queste sono domande fondamentali da porsi ogni volta che si sceglie un nuovo piatto da mettere nel menu.
L’utilizzo dei macchinari
Una pietanza costa diversamente se scegliamo di realizzarla in pentola piuttosto che in forno, prevedendo una cottura veloce oppure lenta. Una portata a base di verdure come uno sformato, ad esempio, che ha bisogno di stare in forno dai 12 ai 15 minuti e impedisce che quel forno possa essere usato per altro (perché aprendo il forno lo sformato si rovina) è potenzialmente più costosa di un pesce cotto alla brace. Almeno dal punto di vista dell’utilizzo di macchinari. Se nel menu inseriamo molti sformati avremo bisogno di un forno dedicato. Le macchine impiegate per le lavorazioni incidono sul costo del piatto, non tanto per quanto riguarda il prezzo iniziale di acquisto ma per il loro utilizzo.
Un discorso analogo vale per la refrigerazione. Alcuni ristoranti, per ragioni legate alla loro posizione geografica, sono costretti a conservare tutti gli ingredienti in frigorifero, anche quelli che normalmente potrebbero essere tenuti in dispensa, a causa delle alte temperature o di problemi di igiene.
E i frigoriferi nei ristoranti sono sempre utilizzati fino all’ultimo centimetro. Un piatto che richiede, per la sua preparazione, l’utilizzo di molte materie prime differenti e ingombranti potrebbe essere poco profittevole…
Tutto ha un suo peso
Andrebbero conteggiati persino i detersivi utilizzati per pulire coltelli, pentole, superfici, eccetera. In minima parte ovviamente, perché il detersivo piuttosto che la padella sono inclusi nelle dotazioni standard di una cucina, ma non andrebbero dimenticati o ignorati. Soprattutto se il piatto richiede una lavorazione elaborata, che prevede l’uso di tanti utensili nei diversi passaggi (strumenti che poi andranno tutti lavati) o una cottura lenta che occupa a lungo padelle potenzialmente utili ad altre preparazioni. Talvolta anche un solo nuovo piatto in menu può comportare la necessità di acquistare pentole nuove.
L’indice di produttività
L’indice di produttività per un ristorante è il numero di piatti che un operatore riesce a realizzare per unità di tempo. È direttamente collegato al costo del piatto, o meglio al tipo di pietanze nel menu, e forse è un dato ancora più importante del Food Cost. Quante volte capita di andare a mangiare fuori ed essere costretti ad aspettare 2 ore per vedersi servire un pasto da 2 o 3 portate? Quel ristorante ha sicuramente dei problemi di gestione che impattano sul suo indice di produttività e sul Food Cost.
L’indice di produttività per un ristorante è il numero di piatti che un operatore riesce a realizzare per unità di tempo
La cosa importante da tenere bene a mente è che le due ore di lavoro costano, e parecchio. Se non sono impiegate al meglio per produrre più portate possibile (senza impattare negativamente sulla qualità), il ristorante perde soldi.
Il tempo che ci vuole a produrre le portate è pari ai 2/3 delle ore totali nella giornata tipo di chi lavora in un ristorante
A quanto corrisponde, in percentuale, il tempo impiegato per la realizzazione dei piatti rispetto al monte ore di lavoro totale del personale di un ristorante? Senza troppe sorprese, il tempo che vi vuole a produrre i beni da vendere, cioè le portate, è pari generalmente ai 2/3 delle ore totali. Su 12 ore di lavoro di chef, camerieri, lavapiatti, eccetera, 7 o 8 servono alla realizzazione di ogni piatto venduto quel giorno.
Piatti semplici o piatti elaborati?
Non dimentichiamoci che tra i costi che incidono di più nel bilancio di un ristorante c’è proprio quello del personale. Tornando all’esempio delle cime di rapa fresche, l’aiuto cuoco che le sta lavorando perché siano pronte per la cottura, non può fare nient’altro nel frattempo. Il numero di lavorazioni necessarie alla preparazione di un piatto incide moltissimo sul suo costo iniziale. Quante persone hanno lavorato alla preparazione di una sottocoscia di galletto ripiena? Chi ha pulito e disossato la carne, chi si è occupato del ripieno, chi della cottura. È facile che un piatto del genere sia meno redditizio di quanto possa essere un filetto scottato servito con un contorno di verdure. Quando si decide di inserire un nuovo piatto in menu questo aspetto va tenuto bene a mente. E se il piatto deve prepararlo necessariamente lo chef, il suo costo base sarà per forza di cose maggiore.
La strada più breve
Se all’idea di investire ore e ore in calcoli complicati per stabilire il giusto prezzo delle portate nel nostro menu ci sembra di impazzire, possiamo affidarci a un calcolatore online o via app, come Food Cost Calculator, che troviamo su Google Play. La maggioranza di queste applicazioni, però, è in lingua inglese e non sempre di facile utilizzo. Meglio preparare a mano un file excel su misura. Ci sarebbe anche un altro sistema. Molti executive chef consigliano di partire dal costo delle materie prime, calcolato tenendo conto di stagionalità e scarto, e moltiplicare quel numero per 3. In questo modo si dovrebbe ottenere un prezzo al cliente finale, se non giusto, almeno sufficiente a non perdere soldi. Ma ci teniamo a sottolineare che fare conti, in cucina, è molto importante. Meglio rassegnarsi a investire un po’ di tempo per farli nel modo più preciso possibile.
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